Il riscatto di Panariello: «Torno a esistere con lo show di Canale 5»

na mamma col suo bambino incrocia per strada Giorgio Panariello. «Vedi? - lo indica al figlio - Quello è il signore che ti fa tanto ridere in tv». E il bambino: «Ma Panariello non esiste!». 


Ecco il dubbio - ironicamente rovesciato in titolo - che spiega l'attesa attorno a
 Panariello non esiste. Riuscirà il popolare comico toscano, con lo show del suo gran ritorno (per quattro lunedì a partire dal 5, su Canale 5), e dopo ben sei anni di assenza dal video, a riacciuffare l'abituale successo, e dunque - secondo il principio che ciò che non è in tv semplicemente non è - ad «esistere»? Perch´ è un fatto: in molti, e da molto, si chiedevano che fine avesse fatto Giorgio Panariello.

«Anche il mio benzinaio - racconta lui, ridendo - "A Panariè - mi ripeteva - Ma perch´ nun te fanno fa' più niente?". D'accordo: sei anni di applaudite tournèè teatrali; la presenza in due o tre film di discreto successo... Ma se non appari in tv non conti più nulla. È come se fossi morto». Per non dire dei motivi, inizialmente mascherati come strategici, che provocarono la lunga, pericolosa assenza: «Ora posso ammetterlo. La debacle del Sanremo che presentai nel 2006 raffreddò la Rai verso di me. Del resto: chi non si sarebbe raffreddato? Io stesso ci ho messo un anno, prima di riprendermi». Al culmine della carriera tv, dopo tre trionfali edizioni di Torno sabato, tutti s'aspettavano che anche all'Ariston Panariello fosse Panariello. Mentre invece, al posto del comico, si esibì il presentatore. Modesto. Passato il disastro non tornò neppure al cospetto dei dirigenti Rai.
Tutto questo spiega l'imponenza dei mezzi offertagli da una rete come Canale 5, per quanto più propensa alla serialità che ai grandi, ma episodici eventi: messa in onda al lunedì, già «scoperto» da Fiorello (visto che, come conferma il direttore di Canale 5 Donelli, «dal punto di vista dell'utenza quello è il giorno più affollato»); lo studio 5 di Cinecittà (il più grande d'Europa: quello di Fellini); la fastosa scenografia d'un teatro tutto oro e velluti, stile Moulin Rouge; una compagna televisivamente in crescita come Nina Zilli; un parterre di ospiti distribuiti nelle quattro puntate (ciascuna a tema diverso: la realtà, l'amore, i nuovi linguaggi, l'essere e l'apparire) di rutilante ed indiscutibile lustro: Tiziano Ferro, Raffaella Carrà, Claudio Baglioni, Vincenzo Salemme, Massimo Ranieri, Renato Zero, Micaela Ramazzotti, James Taylor, Rocco Papaleo, Vanessa Incontrada, Enrico Brignano, Alessandro Preziosi, Joaquin Cortes, Martina Stella, Dolce e Gabbana, Biagio Antonacci. Tutto per costruire, giura lui, uno show «elegante, ispirato ai modelli del varietà classico, tipo Studio Uno». E in cui, finalmente, Panariello faccia Panariello. Lasciando in seconda battuta figurine e macchiette di vetusta ispirazione, per non dire di grana grossa (dal monello col marsupio al bagnino ubriacone); inventandone altre - come il «tuttologo» da bar sport o il chirurgo estetico «demolitore» - ma soprattuto recuperando la più sottile ironia dei monologhi su italici fenomeni di costume. E malcostume. «Come questa fissazione della cronaca nera trasformata in business. Ormai se ammazzi qualcuno non vai in galera. T'invitano ovunque, ti riempiono di soldi. Dall'Asinara all'Isola dei Famosi. Prima o poi arriveremo a Chi vuoi eliminare? Cosima? Michele? Schettino?». Che la lunga assenza gli abbia infuso coraggio, lo dimostra il periglioso progetto in campo fiction: «Vorrei girarne una sulla vita di Renzo Montagnani. Grande attore pirandelliano che, per curare il figlio malato, fu costretto a mortificarsi nei b-movie scollacciati degli anni 70»

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