Calcio sotto choc Muamba in fin di vita

Il giocatore cade a terra: arresto cardiaco Cuore malato? I tifosi sconvolti, compagni e avversari in lacrime: il cuore si sarebbe fermato 4 volte



Il pallone lontano, lontani i compagni e gli avversari. Fabrice Muamba è solo vicino a centrocampo quando crolla sull' erba, all' improvviso, a faccia in giù. Sono le 19.14 italiane, è il 42' del primo tempo di Tottenham-Bolton, quarto di finale di Coppa d' Inghilterra sull' 1-1, e su White Hart Lane, lo stadio degli Spurs a Londra Nord, piomba il gelo. Sei medici corrono in campo, portano un defibrillatore, girano il giocatore a pancia in su e provano la rianimazione cardiopolmonare. Un' operazione che dura sei minuti: in tv la si può solo intuire, perché la regia, secondo le regole del football inglese quando si verifica un incidente serio, stacca altrove. Ma non serve. Perché altrove, nello specchio dei volti stravolti e dei gesti dei presenti, si capisce che la situazione è gravissima: il giocatore del Tottenham Defoe piange, il suo compagno Van der Vaart tiene la testa tra le mani disperato, il capitano del Bolton Reo Coker è in ginocchio; molti giocatori si allontanano dalla scena incapaci di reggerne la vista, altri pregano; l' arbitro Webb, che gestirà tutta la vicenda con ammirevole lucidità, è visibilmente provato; molti in tribuna piangono; altri tifosi, di entrambe le squadre, invocano il nome di Muamba; il web
, naturalmente, viene inondato di messaggi di solidarietà e preghiera e speranza. La morale è infatti chiara: Fabrice Muamba, un ragazzo di 23 anni, sta lottando con la morte. Con la maschera di ossigeno, incapace di respirare autonomamente, il giocatore viene portato fuori dal campo in barella. I giocatori e l' arbitro lo seguono e alle 19.30 la partita è ufficialmente sospesa. Mentre la gente sconvolta lascia White Hart Lane, Muamba è in ambulanza verso il London Chest Hospital accompagnato dal manager del Bolton Owen Coyle e dal compagno Kevin Davies: è in condizioni gravissime e i tentativi di rianimazione continuano. Si rincorrono le voci, tornano alla mente il camerunense Marc-Vivien Foè, morto nel 2003, lo spagnolo Antonio Puerta (deceduto dopo tre giorni di agonia) e lo scozzese Phil O' Donnell, scomparsi nel 2007: tutti e tre collassati in campo. Jon Campion, commentatore Espn, rievoca questi casi e dice che «si teme il peggio» anche per Fabrice. L' ex giocatore John Barnes rammenta che ci sono anche giocatori sopravvissuti a simili drammi. È questo il caso di Muamba, anche se la paura, tanta, resta. In serata un preoccupante comunicato sul sito dei Bolton Wanderers dice che «il giocatore è ricoverato in terapia intensiva e in condizioni critiche». Voci non confermate dicono che il cuore di questo atleta di un metro e 88 per 78 chili, sano e allenato, si è fermato ben 4 volte. «Ma era uno dei più in forma della squadra e i nostri controlli sono sempre attenti», hanno immediatamente precisato fonti del club. Servirà questa forza nella lotta durissima di Fabrice Ndala Muamba, nato il 6 aprile 1988 a Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo, «papà orgoglioso di Joshua Jeremiah», come scrive sul profilo Twitter. Suo padre fuggì nel 1994, chiese asilo politico e nel 1999 ottenne la cittadinanza inglese. È allora che Fabrice arriva a East London, studia la lingua, impara l' arte del calcio, impressiona gli scout dell' Arsenal. Lì, pupillo di Thierry Henry, cresce. Poi nel 2006 va a Birmingham, in seconda divisione: ottiene la promozione, è nominato giovane dell' anno, viene paragonato al suo idolo Vieira. L' energico modo di giocare a centrocampo funziona e gli regala 57 presenze nelle nazionali giovanili inglesi, dalla Under 16 alla Under 21, e il passaggio nel 2008 per 6 milioni al Bolton, dove diventa un punto fermo. Ieri era la sua 136ª gara coi Wanderers. Un mondo intero sta sognando di vederlo giocare la 137ª

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