Le confessioni di Leonardo Bonucci. «No, nessun rimpianto. Ho festeggiato il Natale a Viterbo, casa mia, con tutta la famiglia. Papà dipendente Telecom, mamma contabile in un'azienda di termoidraulica. Il Capodanno sarà a Sestriere con mia moglie Martina e i nostri figli. Lorenzo Filippo che compirà cinque anni a luglio e Matteo Marco, tre il prossimo maggio. Momenti semplici, con un regalo che ci ha fatto qualcuno più grande di noi». Nonostante la sconfitta patita dalla Juventus contro il Milan nella finale di Supercoppa Italiana, seguita in tv a causa di un infortunio che lo terrà lontano dai campi sino a metà gennaio, Leonardo Bonucci si gode comunque il suo momento felice, la guarigione del figlio Matteo. Il regalo più bello.
«Sì, la fine della paura che è durata da luglio sino a pochi giorni fa - spiega il 29enne difensore bianconero in un'intervista a 'La Repubblicà - A Matteo ora ripetiamo spesso una sorta di mantra: sei tu il nostro campione, hai vinto la partita più difficile. Gli leggo libri di favole, le storie di Cars. È tornato a giocare con suo fratello, presto potranno anche ricominciare a fare la lotta. Finalmente sta bene fisicamente e psicologicamente». La paura è arrivata questa estate, durante le vacanze a Formentera dopo gli Europei in Francia: «Tre settimane prima a Matteo era stata rimossa una piccola ernia inguinale - ricorda l'azzurro - Una sciocchezza, eppure abbiamo la sensazione che Matteo sia diventato un bimbo diverso. All'inizio pensiamo che la ragione sia da ricercare in un residuo di anestesia da smaltire, ma poi una serie di suoi comportamenti ci preoccupano. Siamo spaventati. Torniamo immediatamente a Torino, decide mia moglie. All'ospedale pediatrico Regina Margherita troviamo una dottoressa meravigliosa che non perde un minuto».
«Gli esami diagnostici - prosegue - rivelano una patologia acuta. Bisogna intervenire subito, ci dice il medico. Il giorno successivo Matteo entra in sala operatoria alle otto della mattina e ne esce alle quattro del pomeriggio. Quali pensieri mi hanno attraversato la sua mente durante quelle otto ore? Nessuno in particolare. Mentre superava le porte della chirurgia Matteo ci ha fatto il verso del leone, come se volesse infondere coraggio più a noi che a sè. Dopo ho raccolto il suo peluche, un orsetto bianco, mi sono seduto in un angolo della stanza e ho fatto una chiacchierata con Dio: sia fatta la tua volontà, gli ho detto, ma non dimenticare che è solo un bambino. Poi sono uscito dall'ospedale e ho trovato ad aspettarmi una trentina di persone, famigliari e amici. Qualcuno aveva chiesto un permesso dal lavoro, altri avevano chiuso il negozio. Per loro, per i miei compagni di squadra, per i tifosi, non soltanto della Juventus, che ci sono stati vicini in questi mesi ho pianto in tv. È stata l'emozione di un grazie. Matteo è tornato a casa il dieci agosto, a tredici giorni dall'intervento. Un recupero record».
Non è stata però la fine immediata dell'incubo: «È cominciata l'attesa dei progressivi miglioramenti, l'ansia di cogliere ogni piccolo passo in avanti, la speranza che il tempo necessario a dissipare i timori scorresse rapido. Abbiamo spiegato la situazione a Lorenzo, abbiamo parlato a lungo e pazientemente con Matteo per renderlo consapevole che era successo qualcosa di molto importante, ma che non doveva avere paura perchè sarebbe tornato come prima. In quelle settimane sono stato sfiorato dall'idea di abbandonare il calcio, avevo completamente accantonato l'obbligo di pensare al mio lavoro. Proprio non ci riuscivo». Ad aiutarlo, più di tutti, la moglie Martina, «con la sua determinazione, un'energia che sfiora la testardaggine. Lei mi ha convinto a sposarla, nonostante il nostro amore non fosse stato un colpo di fulmine, lei mi ha dato stabilità, sempre lei mi ha tirato fuori dal pozzo dopo ogni caduta, come quando mi sono trovato, da innocente, sbattuto nell'inchiesta sul calcio scommesse. Martina mi ha insegnato a essere fiero di me stesso nel bene e nel male. E ho capito che nel dolore tutte le famiglie si assomigliano. I privilegi si azzerano nella sventura, se vuoi riemergere devi lottare. Le immagini di Matteo sui social? Coltiviamo entrambi lo stesso pensiero, quello di rientrare nella normalità cercando di non andare mai sopra le righe. Abbiamo ripreso a vivere come prima della malattia di Matteo. Tutto qui».
Tornando al calcio, Bonucci ringrazia ancora Antonio Conte: «Mi ha trasformato sul piano tecnico e tattico, e ha trasformati tutti alla Juve, prendendo una squadra dal settimo posto per portarla a tre scudetti consecutivi. Ha creato giocatori-macchine? Non propriamente, direi piuttosto che ha creato un gruppo di giocatori affamati. Non lo sopportavamo più? Lui ha deciso diversamente. Quando l'ho ritrovato in Nazionale gli ho detto, scherzando, che dieci giorni di allenamenti ai suoi ordini sono il tempo perfetto...». In squadra, ora, a sostituirlo degnamente c'è un giovane, Rugani, che a suo dire «rappresenta il futuro, anche per la Nazionale». Se le sirene del Chelsea sembrano definitivamente tramontate («Vorrei diventare una leggenda qui», ride), non è scemato l'amore del figlio Lorenzo, a soli 4 anni, per il Torino: «O gli proibisco di frequentare i suoi migliori amici dell'asilo o me lo tengo così. Ci corre per casa imitando la cresta di Gallo Belotti. Voleva farsi stampare sul retro della maglia granata il nome di Pogba... Gli ho detto che no, questo proprio non me lo poteva fà!».
Commenti
Posta un commento