Nek a 'Vanity Fair': «Ora che so che amare è non tradire»

Nek: «Ora che so che amare è non tradire»
 
C’è un sole tiepido, al CafèperMare sul porto di Sanremo, e Filippo, non fosse Nek, sarebbe su questa terrazza solamente un bell’uomo nato con lo sguardo fortunato, a cui non daresti l’età che ha, che in un inverno altrettanto benevolo ordina un primo di pesce, tenendoci a versare l’acqua ai suoi commensali. A vederlo, non diresti di lui tante cose: per esempio che ha la stessa donna da quasi vent’anni (anche lei di Sassuolo, dov’è rimasto a vivere), due figlie (una «ereditata», grande, l’altra naturale, piccola) e una fede importante dentro, tanto da andare a messa perfino qui, nella Chiesa di Santo Spirito, con il Festival della canzone che fuori impazza e gli tira la maglia a destra a e sinistra. La sua Fatti avanti amore da subito è data sul podio.
Alla fine, «consolato» da premi collaterali, arriverà secondo, nel malumore manifesto di chi sentiva che questo ritorno in Riviera, 18 anni dopo Laura non c’è, avesse i numeri per superare pure i favoritissimi del Volo. Invece così non è stato. Significa avere vinto e insieme perso. «Ma più vinto», sostiene lui, ascoltando in radio il suo pezzo passare forte e la gente tenergli dietro il tempo.
Immagina sia un buon segno per Prima di parlare, l’album che ha in uscita, di cui non sa ancora «trovare una definizione». Ci pensano i titoli: Sono arrivato qui, Fuori pericolo, Io ricomincerei. Sembrano raccontare che è inciampato più volte nella sua corsa, ma non ha mancato la meta.
«Così è stato. Ho imparato che in due, in un matrimonio di lunga data, si può essere incorruttibili proprio nel superamento degli errori. Che è sì impegno e rispetto dell’altro, ma anche sorpresa: bisogna essere i primi a tenere vive le onde di un elettrocardiogramma quando tende alla linea continua».
Come?
«Non smettendo d’inventarsi le giornate. Non è semplice, quando ci sono i figli. La coppia passa in secondo piano. Ma vale la pena riscoprirsi amanti, da marito e moglie».
Le è successo?
«Quando quattro anni e mezzo fa è arrivata Beatrice, ha richiesto impegno. Con un bambino di mezzo si esasperano i difetti dell’altro, ci si scontra molto di più e dal lavoro di squadra si passa ad accondiscendere. Bisogna dirsi: “Anche se i miracoli non vengono più bene come allora, come veri acrobati romantici siamo ancora qui”. Abbiamo avuto anche noi i nostri momenti di difficoltà».
Di che genere?
«Faccio un mestiere che induce in tentazione. Una volta in Messico ero in hotel: sento bussare alla porta, pensavo fosse il servizio in camera, invece era una ragazza nuda. Sono diventato rosso, non sapevo come gestire la cosa».
E...?
«Mi si buttò addosso, piangendo. Cercai di tranquillizzarla, la coprii con un accappatoio, la invitai a entrare e sedersi, offrendole da bere. Poi ho chiamato il mio assistente e insieme l’abbiamo accompagnata fuori».
Fu un signore.
«Anche uno che non prende da mangiare se servito su un piatto d’argento: le cose devo guadagnarmele».
Oggi come cercano di avvicinarla?
«Con foto esplicite. E messaggi tipo: “Sono la tua lei”. A me fanno piacere».
Meno a sua moglie, c’è da credere.
«E nulla da temere: le volte che ho preso questo gioco sottogamba sono state quelle in cui mi sono fatto più male, con il rischio di conseguenze pesanti. Non mento più».
Che bugie ha raccontato?
«Non importa che fosse “Sono da un amico” o “Sono a casa tranquillo”. Conta che stavi facendo altro, hai cambiato il senso delle cose, distorto la realtà, non sei stato trasparente».
Come vi siete ritrovati?
«Ammettendo lo sbaglio. Chiedendo scusa. Guardandoci negli occhi, trovando lì la conferma del sapere che siamo fatti l’uno per l’altra».
E adesso?
«Condivido tutto, non tengo più l’altro all’oscuro, lontano, nell’omissione. Solo con mia figlia faccio eccezioni. Quando mi chiede: “Mi manchi, papà. Vieni questa sera?”, e tornando l’indomani le devo rispondere: “Arrivo tardi, tu dormi”. Prenderei un jet privato, mollerei tutto e volerei da lei».
«La verità rende liberi», dice in un verso. Ci crede?
«Me lo ha insegnato Gesù Cristo».
Il rischio «tentazioni» però permane. Lei scomoda ancora gli ormoni, e parecchio.
«Invecchiare porta fascino. Ma le ragazzine che mi seguivano nel frattempo sono diventate mamme, mogli, hanno nuclei familiari cui badare».
Si cura molto?
«Essere fisicamente a posto mi aiuta a sentirmi a posto anche di mente. Discipline come il crossFit mi danno fermezza, aiutano il carattere».
E il sesso con la stessa persona, nel tempo, cambia? «L’amore puoi solo contemplarlo. E, a sentirlo vibrare, andrebbe fatto ovunque. Quando dici “lo faremo poi” ti stai limitando, sbagli già. “Ho ancora voglia di guardarti come al primo appuntamento, di star bene quand’è buio”, dico in una canzone. Noi stiamo bene quand’è buio, Beatrice dorme, e possiamo ritrovarci uno di due». Lo ricorda il primo appuntamento? «Il giorno in cui la vita prese meglio la mira ero nel parcheggio di un pub con un mio amico. I fari della macchina hanno illuminato un paio di gambe, e salendo c’erano questi occhi scuri. Già la conoscevo di vista. Che sbandata». 

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