La dieta di Tiziano Ferro "Il buono della cucina fai da te"

È TIMIDO, curioso, irrequieto come un bambino. Entusiasta, generoso, estroverso, poi improvvisamente timido. Tiziano Ferro non sta fermo un attimo, sprofondato nel divano in pelle dalle molle sgangherate del suo pub preferito. Un pranzetto a base di nachos e torta di carote, mentre annota su un quaderno, con la calligrafia del primo della classe, le impressioni del pomeriggio romano. 

Dipendenza da diario, un vizio antico. "Al liceo scrivevo lettere, moltissime, lunghe, articolate. Ad amici, parenti e professori. Ma non le spedivo mai. Perché una lettera inviata è un documento che perdi per sempre. Allora mi sono detto, perché invece di scrivere a qualcuno non scrivi a te stesso? E da allora non ho mai smesso. È diventata la mia psicoterapia". 

Una selezione di quei manoscritti è finita l'anno scorso in un libro, Trent'anni e una chiacchierata con papà, sorta di percorso verso un improcrastinabile coming out. Quel che ha appuntato da quel momento in poi esce l'8 febbraio in un sequel che ha il titolo del suo ultimo disco, L'amore è una cosa semplice (ed. Kowalski), day by day della nuova vita, che gli ha ridato equilibrio, allegria, ottimismo. Insieme a un amore e a un appetito insaziabile per tutte le cose che da star non si è goduto, cibo compreso. 

La lista quotidiana di una dieta esistenziale a base di baci e calorie. "Nella mia dieta, in questo momento, al primo posto c'è l'amore, forse perché per tanto tempo ho sofferto di anoressia sentimentale", esordisce. "Sono innamorato dell'amore. Bulimico ed estremista anche in quello: ho bisogno di contenuti, la frequentazione superficiale non mi interessa. O trovo una persona che m'inchioda al muro oppure ognuno a casa sua". 

Ora che la residenza milanese non è più luogo di segregazione, come l'appartamento in cui si rifugiava a Manchester negli anni della grande fuga, le cene si sprecano. "In questa nuova vita ho scoperto la bellezza dei momenti conviviali", conferma. 

"Amo cucinare, soprattutto i piatti che i grandi chef disprezzano. Torte becere e nachos compresi. Adoro il menù dell'Hard Rock Café, ho la tessera prioritaria per evitare la fila. Tento anche ricette raffinate, oppure invento. L'ultima volta ho improvvisato un riso alla cantonese, sostituendo il prosciutto cotto con il tonno: perfetto. Entrare nel processo di creazione del cibo aiuta a eliminare il lato compulsivo".

Confessa che in realtà una dieta vera e propria non l'ha mai fatta, neanche quando pesava centoundici chili e già aveva in mente Rosso relativo, il fortunato album d'esordio. "A 18-20 anni cominciai a dedicarmi anima e corpo alla musica. A quel punto l'idea del cibo passò in second'ordine. Sono diventato un workaholic. Quando iniziarono a sbattermi negli hotel di mezza Europa per la promozione, mi dicevano: se non ti va di uscire chiama il room service. Io non sapevo neanche come fare e cosa fosse. Aprivo i menù e leggevo prezzi imbarazzanti. I primi tre o quattro anni della mia carriera li ho vissuti così. Tanta musica, poco cibo". 


Sul diario Ferro scrive: "Ho la spesa da fare"; "Devo riprendere l'attività fisica perché sembro un cinghiale (obeso)"; "Bevo pochissimo e il cibo condiziona decisamente meno la mia esistenza". E di quel giorno in cui aprì un profilo su Facebook (e se ne pentì amaramente): "Da buon provinciale, gay, disordinato alimentare, birraiolo reo confesso, vittima della celebrità, ex depresso, immigrato e con un'ernia iatale non me lo sarei mai aspettato. Ti facevo più forte, Tiziano!".


Sogna di diventare uno scrittore, anche se legge poco; qualche passo, il diario è letteratura. Ad esempio "in uno di quei momenti in cui mi sento la versione low cost di me stesso" e torna l'incubo di un altro errore, lo spauracchio della bulimia fa capolino dai rifiuti: "Sono annichilito dal profumo di dolce che proviene dal mio secchio dell'immondizia. Se l'iconografia classica del tossicodipendente in overdose lo vuole sdraiato di fronte a un tavolino con sopra una banconota arrotolata e gli ultimi residui di polvere bianca (...), per chi 'si fà di cibo è diverso. Per noi non c'è un'immagine, c'è un odore".

Chiede un'altra birra, dà un'ultima occhiata al menù. E spiega: "Quando chiudo la busta per buttarla nel cassonetto, capisco dall'odore se le cose vanno bene o male. L'immondizia ha notoriamente un cattivo odore. Io mi rendo conto che qualcosa non va quando invece profuma: di cioccolato, di patatine, di tutto tranne che di immondizia". 

È in forma, pronto per il tour che parte da Torino il 10 aprile e prevede tre date in maggio all'arena di Verona. Tutto sembra tranne che una vittima del junk food. "In tour assolutamente no. Anche se le soste negli autogrill sono una tentazione. Al contrario di molti altri artisti, io non riesco a salire sul palco digiuno. Cena leggera, s'intende. Poi se per dieci giorni non devo lavorare, mi concedo molti sfizi. Alla fine è anche terapeutico aggredire la vaschetta di gelato mentre guardi un film che hai visto ottocento volte. Non sempre si mangia solo per svaccare, quando uno è triste. Le mangiate migliori si fanno in serenità, con gli amici. Il cibo può essere una risposta, nella buona e nella cattiva sorte. Se è godimento, piacere, condivisione è bello; se lo fai in solitudine e ingurgiti cose di nascosto quasi vergognandotene, allora c'è qualcosa che non va. E fa male".

Sarà in giro per l'Italia, l'Europa, il mondo, per almeno un anno. Lontano da Milano, da Latina, dove ha casa accanto a quella dei suoi, dall'amore. Molti aerei, ogni notte in un albergo. "Ma ormai ho preso confidenza con il room service: club sandwich a tarda notte, poi c'è sempre la cioccolata del frigobar...". In un giorno di ottobre, in un albergo di Madrid, scrive: "E adesso sono felice. E ubriaco e grasso... ma questa è un'altra storia!". Già, la ricetta che è al primo posto nella dieta di Ferro.

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